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La percezione del rischio Covid

Pubblichiamo un contributo di Francesca Benvegnù, responsabile del Dipartimento Socio Sanitario SPI CGIL Metropolitano Venezia, sulla percezione del rischio Covid.

Un oggetto fondamentale della competenza di Prevenzione è il rischio, cioè la probabilità che un evento avverso alla salute o indesiderato avvenga.  Come tale è terreno quotidiano del medico specialista di Sanità Pubblica e il controllo dei rischi, di svariata natura da biofisica a organizzativa, è il suo problema strategico principale. Ne nasce che il medico di Sanità Pubblica, necessariamente dipendente di SSN, deve conoscere le caratteristiche specifiche dei rischi, cioè individuarli sulle base di conoscenze già acquisite o in progress nel mondo tecnico-scientifico. Inoltre, poiché la Sanità Pubblica tratta la Salute Collettiva, quei medici devono diventare capaci, in stretta collaborazione con la Comunità scientifica (in rischio pandemico: biostatistici, epidemiologi, infettivologi, virologi, immunologi ecc..), di valutarlo e comunicarlo a chi deve averne una percezione razionale, correttamente orientata nelle scelte e conseguente nei comportamenti. Cioè dalle singole persone ai decisori pubblici. Ecco allora un altro concetto cardine della Prevenzione: la percezione del rischio, che se parte dalle coscienze e consapevolezze dei singoli individui, nelle malattie trasmissibili=contagiose si proietta con risultati altrettanto importanti nell’opinione pubblica di gruppi e di popolazioni, fino al senso comune che è il suo consolidamento nel tempo in forma culturale.

Cosa sta accadendo in questi ultimi due anni di pandemia, così impegnativi per la densità e intensità di rischi e la vastità globale? E’sorta rapidamente e si è affermata, in minoranze non trascurabili, una percezione del rischio distorta. Nel caso specifico che: il Covid è un’invenzione oppure una banale influenza e peggio ancora per effetto di un complotto internazionale. Ovviamente che sia un’idea distorta è parere degli esperti della Comunità Scientifica che si occupano di rischio bio-sanitario pandemico, perché se interrogate uno che appartiene alla “galassia dei no-vax” è probabile che vi ritorca contro “l’accusa”: cioè è il mondo scientifico ufficiale e le sue istituzioni che favoriscono, o meglio usano a favore di inconfessabili motivi, una percezione del rischio distorta e fuorviante.

Quest’ultima è la quota della galassia che oggi definiamo ideologica. La sua posizione come sappiamo è praticamente impossibile da smontare, perché intrisa di motivazioni che afferiscono al sentimento di identità e alla personalità (in alcuni casi narcisistica e spesso oppositiva) dei singoli individui, che si costituiscono spesso in gruppi a comportamento integralista o settario. In ogni caso però la loro percezione del rischio è scorretta e socialmente pericolosa: lo dimostrano i dati pandemici. Che fare? La certezza è che molti di loro (la percentuale sulla popolazione nazionale non è oggi definibile) sarebbero solo provocati a maggior irriducibilità, se fosse applicato l’obbligo vaccinale generalizzato; ma non lo sarebbero quelli che si sono accodati perché trascinati da abili manipolatori. Li si può contare fra quelli che rinsaviscono appena constatano direttamente la devastazione del Covid grave, tipo i convertiti dopo un soggiorno in terapia intensiva. Nella quota ideologica un ruolo particolare e pericoloso lo giocano alcune posizioni pubbliche di intellettuali e opinion leader che alimentano le motivazioni del gruppo, agitando temi come la libertà, la costituzionalità o il criterio del dubbio sistematico. In questa situazione invece dovrebbero capire che stanno manipolando da non esperti materiale che può diventare “esplosivo”. La valutazione e comunicazione di rischi specifici non è materia di controllo democratico, magari, avremmo molte più risorse al lavoro!! D’altronde è storia che un vuoto sociale istituzionale e politico viene presto occupato, anche da non addetti ai lavori. Solo per questo è importante avere pronto un piano pandemico standard, perché in caso di eventi da agenti nuovi e sconosciuti comporta di fatto incompletezze che solo l’esperienza in progress, anche con dolorosi danni scarsamente evitabili, può colmare. In tale piano l’importanza normativa e progettuale di valutazione comunicazione e gestione del rischio sono di tutta evidenza.

Nella galassia italiana esiste anche una quota di opportunisti, che assomigliano agli evasori ed elusori fiscali, quelli che pensano di farla franca fra le maglie di un controllo sempre insufficiente, figuriamoci in pandemia! Questi non sono tanto mossi da una percezione del rischio sbagliata, quanto dall’interesse di differire una decisione, che appare insidiosa, fino al momento in cui non sia più necessaria. Su costoro una comunicazione del rischio migliore, meglio se personalizzata tramite il MMG o medico di famiglia, o anche la permanenza della pandemia possono riorientare la percezione verso la consapevolezza del rischio reale che corrono, per sé i loro cari e i loro ambienti di vita-lavoro. Non tutti si persuaderanno, ma nell’attuale fase di incertezza sull’andamento pandemico, ogni piccolo incremento della coesione sociale sul da farsi è utile. Infine c’è una quota di persone, della suddetta galassia della percezione distorta, che hanno solo motivazioni di timore incontrollato o fobico verso qualsiasi vaccino. Stupisce? Sbagliato non capirlo dopo decenni, non qualche mese, di lavorio culturale delle medicine alternative e dei loro sponsor, non sempre disinteressati. Che alcuni abbiano interiorizzato una diffidenza sistematica nei confronti della medicina occidentale ufficiale è il minimo dei risultati attesi. Anche su costoro può riuscire un rapporto di comunicazione efficace personalizzato ed empatico, infaticabile, perché non si può desistere dai tentativi, come si fa per la disassuefazione da dipendenze.  

Ci sono le risorse umane e di tempo a disposizione per queste strategie? Francamente no, o non abbastanza. Alla fine rimarrebbe una quota incomprimibile, che aggiunta a coloro che hanno controindicazioni “vere e maggiori” alla vaccinazione, sono la distanza positiva o negativa dalla famosa immunità di gregge, pur sapendo che in un mondo globale essa perde di effetto sicuro e stabile. Di fatto la stessa situazione che si raggiungerebbe spingendo al massimo la vaccinazione, sia per obbligo che per massima persuasione. Il problema degli indennizzi per danno vaccinale è il minore di tutti, basta un correttivo a norma esistente. Questo per capire il ruolo non secondario della percezione del rischio in eventi pandemici. Essa influisce sul controllo della pandemia sia favorendo o contrastandone fattori ed effetti collaterali, tanto più che ad aggravare la situazione in questo ormai lungo periodo pandemico viene distorto anche l’uso delle risorse per la salute: noi assistiamo disarmati al disallineamento dell’uguaglianza di trattamento delle diverse patologie, non potendo al momento (sarebbe lecito??) inserire criteri di responsabilità personale nella differibilità dei LEA. Va detto infine che la carenza e usura dei sanitari e operatori asl rimane perciò il problema di fondo: non essere trasparenti e precisi sull’incremento delle risorse umane di SSN, vedi PNRR missione 6, è un chiaro ineludibile problema politico. Oltre che sindacale.

Francesca Benvegnù, responsabile Dipartimento Socio Sanitario SPI CGIL Metropolitano Venezia

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